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Ambiente

Bill Gates, Kofi Annan e gli ogm in Africa

La Fondazione del fondatore di Microsoft acquista una parte delle azioni di Monsanto, colosso biotech. Che si allea con l’associazione guidata dall’ex segretario Onu.

La multinazionale chimica statunitense Monsanto arricchisce la propria rete di alleanze per diffondere prodotti agrochimici nei Paesi del Sud del mondo. E Kofi Annan, già segretario dell’Onu e oggi presidente del Cda AGRA (Alleanza per la rivoluzione verde in Africa), è diventato il canale per aprire definitivamente i prodotti agrochimici della Monsanto all’agricoltura africana.

L’AGRA è un’associazione fondata nel 2006 con lo scopo di valorizzare e migliorare il settore agricolo dei Paesi africani, al fine di porre rimedio al disastroso problema della fame che affligge il continente. I principali finanziatori dell’AGRA sono le Fondazioni Gates e Rockefeller, che nel 2006 hanno contribuito con 456 milioni di dollari e avviato in seguito un programma di ricerca sulle sementi.

Il 4 settembre 2010 l’AGRA ha indetto un vertice ad Accra –Ghana- in cui, di fronte a più di 800 delegati tra governi africani, donatori internazionali e dirigenti del settore ha delineato le linee guida di un progetto che ambisce a garantire l’autosufficienza alimentare del continente (African Green Revolution Plan, in allegato a destra). Tra i punti più controversi del piano figura l’intento di velocizzare l’accesso a sementi “migliorate” (ovvero geneticamente modificate) e rendere più efficienti i sistemi di fornitura di fertilizzanti.

La Fondazione Gates ha negli anni istituito una stretta partnership con la Monsanto, con l’obiettivo di sostituire la fornitura di aiuti alimentari costituiti da frumento, riso e mais con sacchi di pesticidi, erbicidi, fertilizzanti chimici e sementi geneticamente modificate.

Secondo Via Campesina, movimento internazionale dei lavoratori agricoli, nel 2008 il 30% dei fondi per lo Sviluppo da parte della Fondazione sono confluiti per la promozione di sementi transgeniche. In Kenya quasi l’80% dei finanziamenti elargiti dai Gates ha a che fare con le biotecnologie, e più di 100 milioni di dollari sono stati versati a titolo di sovvenzione per organizzazioni collegate alla Monsanto in Kenya.

Un caso esemplare in questo senso è Haiti. Sempre secondo Via Campesina, in giugno 2010 il GASFP – programma di sicurezza agricola gestito dalla Banca Mondiale per la lotta contro “la fame e la povertà nel mondo” istituito dai Gates in collaborazione con altri Paesi del G8 – ha devoluto 35 milioni di dollari ad Haiti per migliorare l’accesso dei piccoli agricoltori ai “fattori della tecnologia della produzione agricola”. Contemporaneamente, la Monsanto ha donato 475 tonnellate di sementi ad Haiti tramite l’Agenzia Internazionale per lo sviluppo degli Stati Uniti (USAID) il cui amministratore, Rajiv Shah, prima di ricevere quest’incarico aveva collaborato con la Fondazione Gates.

Ma il legame economico tra quest’ultima e la Monsanto si spinge ben oltre. Nell’agosto 2010 la Fondazione ha annunciato l’acquisto di 500.000 azioni della società per un valore di 23 milioni di dollari. Un’acquisizione che risulta più che compromettente, perché in questo modo la stessa fondazione che finanzia progetti agricoli in Paesi come Haiti diventa parte di una delle società produttrici dei sementi che fanno parte di tali progetti.

Inoltre l’acquisto di azioni Monsanto può essere collegato alla notizia che alcuni ricercatori (peraltro finanziati dalla stessa Fondazione Gates) hanno recentemente pubblicato il genoma del grano, alimento base per un terzo della popolazione mondiale.

La fondazione Gates risulta dunque direttamente interessata alla promozione e alla diffusione dei prodotti Monsanto nei Paesi del Sud del mondo, nonostante le prove crescenti dei rischi, sia ambientali sia economici, della produzione e consumo di prodotti agrochimici e OGM. In questo senso, insieme ad altre società tra cui la Monsanto, la Fondazione Gates sta investendo in un progetto di “Banca delle Sementi” in cui conservare tutte le varietà di semi esistenti al mondo, al fine di prevenire i loro affari nell’eventualità di un disastro genetico.

Le sementi modificate sono progettate per far parte di un programma che, come l’African Green Revolution Plan, prevede l’utilizzo di pesticidi chimici, erbicidi e fertilizzanti; inoltre gli agricoltori, costretti a rifornirsi di nuove sementi ogni anno, sono trascinati nella spirale del debito.

George Monbiot, editorialista del Guardian e famoso scrittore, ricorda inoltre che gli OGM presuppongono monoculture di grandi dimensioni e che, al contrario, vi è una relazione inversa tra la dimensione delle aziende agricole e la quantità/varietà di colture che producono per ettaro: “In Turchia un recente studio agricolo ha scoperto che le aziende di meno di un ettaro sono venti volte più produttive delle aziende di più di dieci ettari. Un dato che sembra confermato quasi ovunque”.

Via Campesina, tramite Henry Saragih, condanna questa deviazione degli aiuti umanitari che hanno come fine la privatizzazione delle politiche alimentari.

 

 

 

 

 

 

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