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Ambiente

5 domande per l’Eni in Congo

Eni in Congo Brazaville: cinque domande senza risposta Rivolgere pubblicamente domande “scomode” ai “potenti” attraverso i giornali sta diventando sempre più frequente (e necessario) quando ai quesiti non viene data risposta per altre vie. Oggi tocca a Eni, destinataria della…

Tratto da Altreconomia 105 — Maggio 2009

Eni in Congo Brazaville: cinque domande senza risposta

Rivolgere pubblicamente domande “scomode” ai “potenti” attraverso i giornali sta diventando sempre più frequente (e necessario) quando ai quesiti non viene data risposta per altre vie. Oggi tocca a Eni, destinataria della campagna “Cinque domande per Eni”. A lanciarla sono quattro testate giornalistiche indipendenti: Altreconomia, Valori, Radio Popolare e Africa che chiedono, insieme e a voce alta, risposte chiare ed esaurienti alla multinazionale petrolifera italiana sulle sue attività in Congo Brazzaville, che potrebbero provocare gravi danni ambientali (vedi il nostro pezzo di maggio 2009).

Si tratta di attività, in parte già in corso e in parte in programma, di esplorazione delle sabbie bituminose (terreno impregnato da quantità, anche ridotte, di petrolio, la cui estrazione è molto costosa e necessita tecniche ad alto impatto ambientale), produzione di biocombustibili e realizzazione di una centrale a gas da 350-400 Megawatt di capacità.

Un intervento che vale 3 miliardi di dollari per il periodo 2008-2012, frutto di un accordo siglato tra Eni e il governo congolese nel 2008, i cui dettagli non sono mai stati resi noti al pubblico, né alle comunità locali (nonostante Eni si fosse impegnata a coinvolgere la popolazione nelle proprie decisioni).

A rivelarne parte dei contenuti e a denunciare gli enormi danni che provocherà all’ambiente, in una foresta tropicale protetta, è stato un rapporto realizzato dalla Fondazione tedesca Heinrich Boell e dall’italiana Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm), intitolato “Energy futures. Gli investimenti di Eni in sabbie bituminose e olio di palma in Congo Brazzaville” (la versione ntegrale è disponibile sul sito www.boell.org), presentato lo scorso novembre, prima a Berlino e poi a Milano.

Le due organizzazioni che hanno realizzato il Rapporto, insieme a rappresentanti della società civile congolese, hanno rivolto ad Eni le domande oggetto della campagna, ma non hanno ricevuto risposte. Dopo molta insistenza lo scorso dicembre Eni ha concesso loro un incontro, durante il quale però non sono state fornite le informazioni richieste.

Cinque domande per Eni

  1. Eni ha effettuato valutazioni dell’impatto ambientale del suo intervento nel Congo Brazzaville (in particolare dello sfruttamento delle sabbie bituminose)? Perché non sono state rese pubbliche?

  2. Qual è la composizione e la quantità dei gas bruciati con il gas flaring (combustione dei gas che fuoriescono durante l’estrazione del petrolio) nel giacimento di M’boundi? È certo che non siano nocivi per le persone e per l’ambiente?

  3. Eni ha dichiarato che l’accordo con il governo congolese permetterà di produrre di 2,5 miliardi di barili di greggio, mentre le autorità locali sostengono che verrà prodotto bitume per realizzare strade. Qual è la verità?

  4. Eni aveva dichiarato che avrebbe promosso “una consultazione libera, informata e continua” con le comunità locali. Invece i dettagli degli accordi, firmati con il governo congolese (nel 2008) per i nuovi investimenti (3 miliardi di dollari), non sono pubblici né disponibili per le popolazioni locali. Perché?

  5. Amnesty International ha pubblicato recentemente un rapporto molto critico sulle compagnie petrolifere che operano in Nigeria, che evidenzia “la povertà, il conflitto, le violazioni dei diritti umani e la disperazione” che hanno portato alla popolazione del Delta del Niger. Quali iniziative state portando avanti per implementare le raccomandazioni di Amnesty sulla Nigeria e per evitare che il Congo diventi come il Delta del Niger?

 

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