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Altre Economie / Attualità

Le minacce non fermano chi lavora la terra contro le mafie

Uno dei terreni confiscati alla criminalità organizzata e gestito dal consorzio campano NCO, dato alla fiamme nell’estate del 2016

Campi incendiati, alberi estirpati, magazzini e mezzi distrutti. Il 2016 ha visto un’escalation di attentati verso cooperative e associazioni che lavorano terreni confiscati. Dalla Calabria alla Campania, il messaggio è “non ci pieghiamo”

Tratto da Altreconomia 186 — Ottobre 2016

Ettari di terreni agricoli e di boschi che vanno a fuoco, quintali di cipolle ed alberi di olivo estirpati, magazzini e mezzi agricoli incendiati, serre distrutte. È successo tutto negli ultimi dodici mesi, e in particolare nell’estate del 2016, a un gruppo di cooperative che -dalla Campania alla Calabria- presentano un tratto in comune: tengono a debita distanza la criminalità organizzata, in alcuni casi anche gestendo direttamente terreni e beni confiscati o sequestrati a camorristi e ‘ndranghetisti.

“Vogliono che chiediamo loro protezione, operano per ‘simboli’, e il fuoco è un messaggio”. Don Giacomo Panizza, orginario della provincia di Brescia, ha quasi settant’anni, e gli ultimi 40 li ha passati in Calabria, a Lamezia Terme (CZ), dove nel 1976 ha dato vita alla Comunità Progetto Sud (www.comunitaprogettosud.it). A inizio luglio ignoti hanno incendiato i terreni coltivati dalle socie della cooperativa “Le agricole”, che fa parte della Comunità. “I danni ammontano a circa 6.500 euro, perché è andata distrutta una serra e l’impianto d’irrigazione, ma è la modalità usata ad essere impressionante: il perimetro del campo, che è di proprietà della Curia, ed abbiamo affittato, era stato recintato utilizzando traversine dei binari ferroviari. Su ogni singola traversina è stato buttato qualcosa di infiammante: quelli della scientifica l’hanno definita ‘un’operazione chirurgica’. Oggi il campo è tutto aperto, esposto”.

“Vogliono che chiediamo loro protezione, operano per ‘simboli’, e il fuoco è un messaggio” (don Giacomo Panizza, Comunità Progetto Sud, Lamezia Terme)

“Le agricole”, sottolinea Don Panizza, non è una “cooperativa stabile: le donne che vengono da noi perché sono in difficoltà, che non trovano un lavoro, fuggono dalla prostituzione o da violenza domestiche, diventano ‘socie di passaggio’, in attesa di un impiego stabile, o di emigrare al Nord. Facciamo anche agricoltura sociale, per giovani con sindrome di Down che poi portano a casa la cassetta”. Secondo il sacerdote bresciano, i problemi della criminalità organizzata con Progetto Sud sono di due ordini. Il primo è legato al tipo di attività, che vanno dall’accoglienza di migranti e richiedenti asilo (133, nell’estate 2016) alle case protette “in tutto 17, dove vivono persone con disabilità, vittime di tratta e prostituzione, ma anche tossicodipendenti: vogliono invitarci, con queste azioni, a smetterla di promuovere un altro modello culturale, quello che permette di dire ‘si può fare a meno di loro’, e che tra l’altro tocca un loro business strategico, che è quello della droga”. Il secondo ordine di problemi, sottolinea Panizza, riguarda il controllo del territorio: “Volevano imporci da chi prendere i mezzi agricoli: noi facciamo tutto a mano, con le zappe; quando però serve un trattore, voglioni indicarci chi far venire ad arare. E noi, dato che siamo liberi, non accettiamo”.

A questa modalità di controllo del territorio la Direzione distrettuale antimafia ha dato un nome, “Guardiania”. Nel reggino, alcuni esponenti della ‘ndrangheta -arrestati nell’aprile del 2016- imponevano infatti la guardiania a proprietari di terreni agricoli e contadini, con l’obiettivo di manifestare “pubblicamente” il loro potere sul territorio. Accadeva nei Comuni di Sinopoli, Procopio e Lanciano. Nel primo ha sede la cooperativa “Giovani in vita” (www.giovaninvita.com), che produce principalmente olio d’oliva -commercializzato anche nelle botteghe di commercio equo, grazie ad una partnership con la coop Chico Mendes, nell’ambito del progetto “Calabria solidale”- e aveva subito alcune intimidazioni palesi nell’estate del 2015. “Dopo quei due episodi, il furto di alcuni mezzi e l’incendio di una pianta di olivo secolare, non ce ne sono stati altri -racconta Domenico Luppino, presidente della cooperativa-. Tuttavia -continua- qualche mese fa, verso gennaio, sono stato chiamato dalla Forze dell’ordine che mi hanno comunicato che secondo loro ero in pericolo di vita. Mi hanno chiesto se avessi voluto essere tutelato, trasferito verso una località segreta, con tutta la mia famiglia. Ho rifiutato queste misure di protezione, e mi hanno assegnato una scorta dei Carabinieri”. A fine agosto 2015, Luppino era stato effettivamente minacciato di morte. E il trattore rubato l’11 agosto dello scorso anno era custodito all’interno di un capannone, insieme ad altri mezzi agricoli (tutti posti sotto sequestro, perché appartenenti all’azienda sequestrata) che non sono stati invece toccati. “Dopo questi episodi, avevo parlato con la magistratura -sottolinea Luppino-: ci sono stati alcuni arresti (i quattro dell’operazione ‘Guardiania’, ndr), che hanno riguardato esponenti legati alla criminalità organizzata. Oggi restiamo con l’animo sospeso, difficile che si dimentichino di noi. E intanto continuiamo a fare ciò che stavamo facendo. La criminalità organizzata non tollera la capacità di creare lavoro (Giovani in vita conta 40 tra soci e dipendenti, che diventano 70 nella stagione della raccolta delle olive) e di commercializzare i prodotti al di fuori dal contesto locale.

“Oggi restiamo con l’animo sospeso, difficile che si dimentichino di noi. Ma continuiamo a fare ciò che stavamo facendo” (Domenico Luppino, Giovani in vita, Sinopoli)

Quello che fa anche Goel bio, con una base agricola di una trentina di aziende, alcune associate direttamente ed altre tramite coop intermedie”, come racconta il presidente del gruppo cooperativo (www.goel.coop), Vincenzo Linarello. Nell’estate del 2016, due soci hanno subito intimidazioni: nella notte tra il 25 e il 26 giugno, a Stilo (RC), ignoti si sono introdotti nell’uliveto ed hanno barbaramente abbattuto tredici giovani alberi di ulivo appena ventenni; pochi giorni dopo, a inizio luglio, sono stati invece estirpati 50 quintali di cipolla rossa di Tropea dai campi della cooperativa Briatico Welfare, che ha sede nell’omonima cittadina della provincia di Vibo Valentia. “Siamo l’unico produttore ‘bio’ di Cipolla rossa Igp: il valore commerciale dei beni rubati è di circa 8mila euro -spiega Linarello-. Non so se c’è un disegno per colpire Goel -continua-: stiamo facendo emergere un sistema di assoggettamento che esiste nelle campagne.

Durante la “Festa della ripartenza” che si è tenuta nel mese di luglio a Stilo (RC), la cooperativa Goel bio ha piantato 26 alberi di olivo al posto dei tredici estirpati dal terreno di un socio
Durante la “Festa della ripartenza” che si è tenuta nel mese di luglio a Stilo (RC), la cooperativa Goel bio ha piantato 26 alberi di olivo al posto dei tredici estirpati dal terreno di un socio

Le nostre aziende, tutte ‘vittime di ‘ndrangheta’, già avevano a che fare con questo tipo di aggressioni. Prima portano il bestiame a pascolare, poi arrivano gli incendi, i danneggiamenti. L’obiettivo è portare il contadino a chiedere protezione”. Di fronte alle aggressioni, Goel bio -che attraverso un protocollo di filiera ha bandito il lavoro nero dai campi- ha scelto di rispondere in modo “muscolare”, manifestando la forza della rete: “A Stilo abbiamo piantato 26 olivi al posto dei 13 estirpati, organizzando una ‘Festa della ripartenza’, come già avevamo fatto in dicembre, dopo che un altro tra i nostri soci, l’azienda agricola ‘A Lanterna di Monasterace, aveva subito un incendio che aveva distrutto un trattore e danneggiato il capannone. Non ci pieghiamo” sottolinea Linarello. Questo il significato di ripartenza, che in Campania si traduce in “Al di là del fuoco”, la manifestazione organizzata a fine luglio da Nuova Cooperazione Organizzata (NCO, www.ncocooperazione.com) che quest’estate ha subito ripetuti incendi sui due terreni confiscati gestiti direttamente e dalla coop socia “Al di là dei sogni”. “Non abbiamo subito un danno economico -sottolinea Simmaco Perillo, che è presidente di Al di là dei sogni e consigliere di NCO-. A Maiano di Sessa Aurunca (CE), dove è andato in fumo un’area di 4 ettari dov’erano piantumati alberi di noce, stiamo realizzando un progetto di riforestazione, mentre il meleto di Teano (CE), che prima di essere assegnato era rimasto abbandonato per anni, avrebbe dovuto essere estirpato”. Perillo evidenzia però come “l’incendio di Maiano non ha intaccato minimamente i 4 confinanti, è stato governato: non si è visto fumo, tanto che non sono nemmeno intervenuti i vigili del fuoco”. Su un’area di 17 ettari, è stato incendiato il lotto di terreno scelto per diventare il “Giardino della memoria”, che la cooperativa sta realizzando per ricordare -ogni albero un nome- le vittime innocenti della camorra. “Uno luogo bello, e accogliente -dice Perillo-: un modo per restituire qualcosa alla comunità”.

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